Che cos’è l’inferno?

Inferno

Inferno

Inferno è il termine con il quale nell’ambito della religiosità, si indica il luogo metafisico (o fisico) che attende, dopo la morte, le anime (o i corpi) degli uomini preda del peccato, e dunque malvagi e rifiutanti Dio. Più propriamente, il termine “Inferno” deriva dal latino “infernus”, cioè “posto in basso”, “inferiore”, ed è quindi sinonimo di “inferus”; tuttavia, la parola “inferno” è da riferirsi solo al concetto delle tre grandi religioni monoteistiche, mentre la parola “inferi” si può, più ampiamente, riferire a tutte le altre culture pagane antiche e moderne.

Comunque, secondo quasi tutte le culture, l’Inferno è caratterizzato da estremo dolore, enorme disperazione e tormento eterno. Può essere visto come un luogo metafisico o spirituale che ospita le anime incorporee dei morti, oppure come luogo fisico sede di tormenti altrettanto fisici. Questa visione è più frequente andando a ritroso nelle epoche, mentre ai giorni nostri il concetto di Inferno si spiritualizza e riguarda prevalentemente il tormento dell’anima.

L’Inferno costituisce una condizione di dannazione eterna e questa condizione è solitamente assegnata in base alla condotta morale e spirituale che la persona ha tenuto in vita.

La dottrina cristiana sul tema infernale riprende quella ebraica e più in genere le figure tipiche delle religioni del Mediterraneo. L’Inferno è un luogo dominato dalle fiamme e dalle tenebre, da cui i dannati possono vedere i santi, i beati e i penitenti che riposano nella beatitudine del Paradiso o nella santa attesa del Purgatorio, e non possono ottenere sollievo alcuno, privi d’ogni speranza. Nello specifico, Gesù ha descritto molto chiaramente il concetto di “Inferno” in varie parabole e discorsi, tra cui ricordiamo, dal Vangelo di Matteo e di Marco:
«Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti». (Mt, 8,11-12)

«Il Figlio dell’uomo manderà i Suoi angeli, i quali raccoglieranno dal Suo Regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità, e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti». (Mt, 13,41-42)

«Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile». (Mc, 9,43)

…ed ancora…

«Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nella vita orbo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». (Mc, 9,47-48)

Ci sono molte altri riferimenti (anche in “Luca” e in “Giovanni”), alla Geenna, che era una valle dove venivano costantemente e definitivamente bruciati rifiuti ed immondizia, e dunque Gesù la usa come metafora per spiegare l’atrocità del dolore infernale, quale dolore di fiamma. Inoltre, Egli ripete spesso la formula “dove sarà pianto e stridore di denti”, che dà una tremenda idea della sofferenza e della disperazione dell’Inferno.

Altri passi della Sacra Bibbia contengono dei riferimenti all’Inferno:
«Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli». (Mt, 25,41)

«Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo». (Ap, 19,20)

Va comunque precisato che il termine “inferno” non è mai citato nella Bibbia.

Per i teologi della filosofia Scolastica, l’Inferno è semplicemente la lontananza da Dio, la privazione della Sua luce divina, e proprio in questo consiste in realtà la pena infernale, al di là dell’immaginario poetico. Infatti, l’anima ha naturale e ardente desiderio di Dio, cioè dell’Infinito, della Verità, della Bellezza e dell’Amore Assoluto; dunque, la privazione “in eternuum” di tale supremo obiettivo del desiderio umano, condanna l’anima alla propria perenne sofferenza. La vicinanza, essere in Dio, da Dio e per Dio, è per l’anima, sul piano oggettivo, la realizzazione della propria essenza originaria, e, su quello soggettivo, la propria felicità; in realtà, questi due “piani”, in Dio si sovrappongono, diventando un unico, sommo “piano”. Non è Dio a dannare l’anima, dunque, ma è l’anima che si condanna durante la vita, rifiutando stoltamente la Via della salvezza costruita e fondata sul sangue di Cristo. Nella dimensione metafisica dell’eterno, oltre il tempo, non è possibile alcun cambiamento/movimento, e quindi Dio non può salvare le anime dannate, per le quali comunque soffre, in quanto Padre di tutti gli uomini.