Ora Santa con Gesù agonizzante

Orto degli Ulivi

Orto degli Ulivi

Sac. Dolindo Ruotolo

Nei giorni 23-24 aprile 1910, a Rossano Calabro, il Padre Dolindo Ruotolo, dietro particolare ispirazione di Gesú, scrisse la presente « Ora santa in unione con Gesù agonizzante ». Mons. Mazzella, Arcivescovo di Rossano che la lesse, disse che era « piena di luce ». E veramente è piena di luce perché ci aiuta a penetrare per quanto è possibile il mistero di Cristo, Uomo-Dio, coperto delle nostre miserie e peccati.

Eccola interamente:

Gesù all’anima:

Amami, anima cara!

Anima mia cara, che vieni a me davanti per contemplare le mie agonie, guarda il tuo Gesù tutto amore per te, e mettiti nel suo Cuore adorabile per sentirne i palpiti dolorosi, per gustare con lui le amarezze e le agonie di amore e di pene che provò.

Entra nel mio Cuore, anima cara, con un atto di assoluta dedizione a me.

Me la dai la tua libertà, il tuo amore, il tuo essere?

Oh, quando tu rinunzierai totalmente a te stessa, allora sì che mi entrerai nel Cuore, ed io, unito a te nell’intimità dell’amore, ti farò sentire le amarezze dell’anima mia, le amarezze del mio Cuore.

O anima mia cara, sai perché io volli agonizzare per te? Sai perché volli soffrire trepidazioni di morte e rattristarmi sino all’estremo confine e spasimare sino a venir meno di angoscia?

O anima cara, tu vaghi troppo in te e fuori di te… solo me devi cercare, ed io spasimai per meritarti le sante impazienze dell’amore, gli slanci generosi dell’affetto disinteressato…

Amami dunque, anima cara, se vuoi cominciare a compatire le mie agonie e sollevarle.

Ho agonizzato per amore… Amami dunque e la mia agonia si cangia presto in estasi di contentezza, ed io esulto nell’amore di chi mi ama.

Amami, e tu mi farai riposare sul tuo cuore, ed io lo troverò puro, perché l’amore l’avrà fatto candido, lo troverò ricco, perché l’amore vi ha attirato la grazia abbondante di Dio, lo troverò delizioso, perché esso sarà come il profumo dei miei dolori, il frutto bello del mio sangue.

Amami, anima cara… L’amore mi solleva, l’amore mi rianima, l’amore è l’angelo che mi consola e pure mi fa accettare a bere il calice del dolore… Amami!

Anima mia, sai tu chi è Dio? Guardami ora nell’orto degli ulivi… solo… abbandonato da tutti!

Le tenebre mi circondano, e più che le tenebre, mi circonda l’orrore della colpa. Una creatura che si ribella a Dio, che, mentre da Lui partecipa ogni bene, non lo cura! Una creatura che si rende fine a se stessa, che travolge l’ordine amoroso di Dio che la faceva libera ed intelligente…

L’anima mia ne è triste sino alla morte!

Io rimasi impietrito dal dolore, Io sudai sangue.

Anima mia, sai tu che cosa è Dio?

Hai mai contemplato l’ordine ammirabile del suo essere infinito, la sua sterminatezza, le sue perfezioni?

Dio!… Pondera questa parola che in sé raccoglie tutto,… tutti,… il passato, il presente, il futuro, il possibile,… tutto,… l’Infinito!

Hai contemplato mai la natura? Mira quante opere diverse, quanta squisitezza di forme, quanta ricchezza di vita e di forze…: essa è uno scherzo delle mani di Dio!

Hai mai contemplato l’intelligenza? Quanta estensione nel più piccolo spazio, quanta profondità nell’impercettibile, quanta semplicità nelle concezioni. Essa è un pallido riflesso del soffio creatore di Dio!

Hai contemplato mai la santità, la grazia? Quante azioni mirabili che armonizzano il finito all’Infinito che elevano la miseria allo splendore supremo! Quanta fecondità di azioni, quanta ricchezza di opere mirabili, e quale termine diretto a tante operazioni: la gloria eterna, il possesso di Dio.

Eppure, questo assieme di purità, di elevazioni di santità, è pallida ombra che sembra macchia al confronto dell’infinita santità di Dio.

Hai contemplato mai il Sacerdozio? Il rappresentante di Dio, l’essere rivestito della sua autorità, l’essere arricchito di Dio! è grande, sì, ma non è infinito, è grande, ma non è Dio.

Dio, Dio, Dio mio, che cosa sei tu dunque?

Sei quello che sei, bellezza mia, sei tutto, sei Dio!

Ed io ho conosciuto gli infiniti segreti di Dio, ed io ne ho apprezzato convenientemente la bellezza, la santità, la gloria, la infinità!

Tu ardi, anima mia, a queste sole parole, il tuo cuore irrequieto vorrebbe slanciarsi in Dio. Tu ne senti la bellezza.

Immaginati di uscire dal fango che ti riveste, elevati sulle tenebre della terra, guarda la inaccessibile luce di Dio.

Dio mio, tu mi rapisci il cuore, tu sei bello, tu sei santo, io ti amo!

Dio, Dio mio, che cosa posso fare io per darti gusto? Io ti amo!

Distruggi il mio essere, mio Dio, assorbi il mio nulla in te! Amore mio, bellezza mia, Dio mio! Vorrei distruggere il mio essere, farlo rivivere, e poi struggerlo nuovamente per te che sei quello che sei! Dio mio, ti amo!

… e vidi un tentativo innominabile di menomare Dio

Tu ti slanci, anima mia, eppure, quale conoscenza hai tu del tuo Dio?

Tu lo vedi velato, tu lo scorgi un enigma. Dimmi, sentiresti tu pena, se sentissi insultare il tuo Dio mentre ti slanci in Lui?

Oh! io contemplai Dio in se stesso e non in enigma, e vidi tutta la sua infinità, in tutta la miseria della creatura.

Scorsi nella loro realtà le relazioni del necessario col contingente, del partecipato con l’Infinito… e poi vidi tutta l’empietà di questa creatura, e vidi un tentativo innominabile di menomare tanta infinità, e vidi Dio offeso dalla creatura che dovrebbe amarlo, perché intelligente e libera.

L’anima mia fu triste sino alla morte! Io, sapienza del Padre, ordine essenziale, non potevo che rimanere oppresso da vista sì mostruosa. La mia umanità fu come oppressa, fu schiacciata.

Io sudai vivo sangue.

Anima che mi sei cara, guardami ora accasciato; bocconi per terra io gemo; un’oppressione di morte mi toglie la vita. Io non ne posso più!

Padre mio – Io esclamai – se è possibile passi da me questo calice amaro. Padre mio, passi da me! Io sono il tuo Figliuolo diletto nel quale ti sei compiaciuto, Io ho formato la delizia del tuo sguardo infinito; Io sono l’armonia più bella che ti diletta!

Suoni perenne questa armonia, e diletti il tuo cuore di amore. Padre mio, è possibile che questo doloroso contrasto: “una creatura tua iniqua, al tuo cospetto” è possibile che debba verificarsi in me?

Tu mi carichi dunque di questa iniquità, tu metti in me come la sintesi del massimo dei disordini, ed Io debbo divenire per te oggetto di abominio, e lo sguardo tuo infinito non vedrà più in me bellezza, ordine, santità, amore, ma vedrà ombre di morte, orrore di colpa?

Dio mio, passi da Me questo calice amaro; però non sia fatta la mia volontà ma la Tua!

Ed Io rimasi oppresso sotto questo inaudito peso di pene, e mi levai e corsi dai miei cari discepoli, perché essi almeno avessero fatto atti di amore, perché essi almeno fossero apparsi al Padre mio oggetto di gioia e di amore.

Essi dormivano!

Io li svegliai e li esortai a pregare, ma… il cuore loro dormiva.

Ritornai mesto al posto del mio dolore, e novelle angosce di morte mi oppressero.

Io vidi in me la qualità di Redentore, e vidi che la Redenzione doveva essere consumata nel dolore e nella morte.

Chi mi avrebbe dato la morte? Una creatura di quelle che io predilessi ed amai… un mio discepolo.

Tre anni di sudori e di pene per formarlo, tre anni di benefici e di amore,… eppure fu figlio di perdizione.

Chi poteva dare un omaggio al Padre mio in quel doloroso momento? Quegli che io educai ai palpiti del mio Cuore, contrattò la mia morte. Gli apostoli dormono, Io gemo fra gli orrori di morte!

Oh, agonia penosa! Oh, spasimo del mio cuore tutto pene e tristezza!

Anima mia cara, veglia tu almeno per me, piangi con me, gemi con me! Sorgi almeno tu, deponi il lurido ammanto delle colpe, ama il tuo Dio. Anima mia cara, vieni sul mio Cuore. Senti che palpiti angosciosi, che strette di morte… piangi con me!

Io gemerò di angosce, tu gemi di amore; io rimarrò schiacciato dal manto delle iniquità umane che mi riveste, tu deponi in me le tue miserie e slanciati a Dio.

Ama il tuo amore, su, anima cara. Amore io voglio per un Dio che è amore, amore per un Dio che ti dà la più bella prova di amore.

Amore! Elevati, slanciati, brucia, consumati. Amore!

L’anima:

O Gesù, sono tua, tutta tua, tutta tua. Gesù, sono sul tuo Cuore appassionato, io ti amo! Gesù ti bacio, come sei bello!

Ecco il mio cuore, modellalo tu: ti amo!

Ecco la mia libertà, dirigila tu: ti amo!

Ecco il mio essere, assorbilo in te solo: ti amo!

Gesù, che cosa vuoi da me? Tutto ti cedo. Devasta il mio cuore, Tu non devi trovare più ostacoli nella mia libertà: te l’ho ceduta.

Dunque, mio Gesù, sia totale la tua azione nel mio cuore. Vuoi pungerlo con le spine? Eccolo, tormentalo, mio Gesù. Vuoi riempirlo di angosce, di trepidazioni, di aridità, di affanni? Eccolo, mio Gesù! Gesù, riversa nel mio cuore le tue pene, tutte le voglio; io non voglio vederti soffrire.

Come sarò felice spasimando per te!

Gesù:

Oh, se io ti svelassi l’orrore della colpa!

Il mio Cuore oppresso da ambasce di morte restò come impietrito. La Divinità lo lasciò a sé stesso nell’oscurità delle ombre della morte, del peccato, ed Io, solo, mi vidi come peccatore, mi sentii l’abominio del Padre. Il peccato mi circondò e le funi dell’inferno mi assieparono e sul mio dorso fabbricarono addirittura i peccatori la loro iniquità.

Io mi sentii come nemico di Dio, mentre il mio Cuore voleva consumarsi in Suo omaggio. Fui inaridito in me stesso e non gustai che il fiele amaro e sozzo della colpa. L’anima mia fu triste sino alla morte.

Fu allora che Io ripetetti la terza volta la preghiera al Padre: « Padre, se è possibile, passi da me questo calice amaro, però non sia fatta la mia ma la Tua volontà!

Io sentivo che quelle agonie di morte erano atti di omaggio a Dio, ma questo sentimento era oppresso e come nascosto dal peso del peccato, e per questo, non potendo fare altro, Io mi gettai nelle braccia della misericordia di Dio, della bontà di Dio: « Padre, non la Mia, ma la Tua volontà sia fatta! ».

Il calice delle sofferenze è un reale conforto per l’anima mia

Anima mia cara, questa è l’unica, è l’acerba, è l’infinita pena: il peccato che pesa sull’anima nella sua evidenza completa!

Oh, se Io ti svelassi l’orrore della colpa e la facessi pesare sul tuo cuore nel momento nel quale è più innamorato di me, tu moriresti di spasimo! Eppure, anima cara, tu non hai idea di quello che significa amore totale e completo per Dio!

Così Io, vile ai miei sguardi, contraffatto, oppresso, agonizzavo, volevo offrire a Dio un omaggio di amore, volevo essere annientato per testificargli un amore totale, ed ecco che viene l’angelo del cielo che mi conforta. Egli mi offre il calice amaro dei miei dolori. Io vedo tutto l’orrore di quelle pene, tutto l’insieme di quegli spasimi, ma questa vista è un reale conforto per l’anima mia.

Io vedo in quei dolori la gloria di Dio: l’umanità riscattata da quella colpa che sì orribilmente mi pesa sul cuore; l’umanità messa nella condizione di offrire a Dio un omaggio puro di amore disinteressato ed ispirato solo all’infinita bellezza e perfezione di Dio, e questo è un conforto immenso al mio Cuore.

Io mi levo perciò con coraggio, sveglio i miei apostoli per partecipare loro questa gioia spasimante: « Sorgete, andiamo, ecco che già viene chi mi tradisce, è giunta l’ora mia. Dormite e riposatevi, ho trovato il conforto alle mie agonie di morte; chi mi tradisce si accosta, si preparano per me i flagelli, i dolori, gli spasimi atroci; sorgete, andiamo!

L’anima:

O Gesù, fammi tua vittima di amore!

O Gesù caro, è conforto dunque per te lo spasimo atroce dei tormenti e della pena, dei flagelli, delle spine, degli insulti, della croce! è conforto il dolore più grave che siasi mai sofferto nel mondo… Tu lo hai detto, o Gesù caro: «Attendete e vedete se vi è un dolore simile al mio!». Ah, ora comprendo quale male è il peccato, se i dolori più gravi sono conforto per te, Gesù mio, in confronto ai dolori che ti recò la colpa!

O Gesù, perché non mi dai la morte prima di offenderti anche menomamente?

Gesù, fammela questa grazia, io non ti voglio più dispiacere!

Sei troppo bello, mio Gesù, troppo bello perché io debba contristare il tuo Cuore.

Gesù, ti cedo me stessa novellamente, la mia libertà, tutto.

Gesù, amareggiami tu, guidami tu, vegli tu sul mio cuore!

Gesù, sono tua, tutta tua, non mi separare da te mai, mai, mio Gesù.

Gesù, fammi tua vittima di amore, espia in me almeno una colpa sola, io voglio togliere dal tuo Cuore le amarezze alle pene.

Gesù, immolami per te. Sorgi dall’agonia, mio Gesù, mi metterò io al posto delle tue angosce mortali.

Gesù caro, nasconditi nel mio cuore. Tu lo brucerai di amore, tu l’arricchirai di te, ed io soffrirò ricca di te, soffrirò amandoti, soffrirò struggendomi per te!

Gesù caro, cosa vuoi da me? Non la mia volontà, ma la tua sia fatta; la tua che è santa, non la mia che è miserabile, la tua che è rettitudine infinita, non la mia che è egoismo, la tua che è tutto, non la mia che è meno di nulla.

Oh, come riposo bene sul tuo Cuore, o Gesù! I palpiti tuoi mi conquidono, io sono tua. Oh, sante amarezze sofferte per il mio Gesù, come siete dolci!

Gesù mio, ti stringo di più al mio cuore, pungimi con le tue spine. Gesù, nasconditi da me, io voglio cercarti sempre, voglio spasimare sempre per te, voglio amarti perché sei degno di amore!

Gesù:

Diedi all’anima mia l’evidenza di quel che doveva soffrire

Raccogliti un altro momento vicino a me, anima cara. Guardami tutto cosparso di sudore di sangue, come distrutto dalla mia pena, stretto nel torchio; l’anima mia è triste, ma è risoluta.

Io sarò stretto da ogni parte da agonie di morte, i tormenti che mi attendono sgomentano i miei sensi, ed un profondo senso di ripugnanza mi assale.

Io ero uomo e Dio. Come uomo svegliai in me in quel momento tutte le inclinazioni naturali: l’amore alla vita, la ripugnanza al dolore, l’abbattimento, il disgusto. Allora quel nero apparato di pene, più che l’anima, oppresse il mio corpo. Non era un timore ma un’evidenza, ed io soffrivo prima ancora che gli insulti, i flagelli, le spine e la croce avessero fatto scempio del mio corpo.

Volendo dare a Dio un omaggio completo, totale, diedi all’umanità mia i più ampi lumi, anzi l’evidenza di quello che doveva soffrire, perché non una fibra sola si sottraesse al sacrificio completo. Si suscitò allora in me quel disgusto, quell’amarezza che impietrisce, che rende come immoti nel massimo dolore: Io soffrii come in una sintesi completa tutta la passione!

Fu allora che si udì nell’orto un fragore di armi, ed una turba armata mi circondò da ogni lato. Da quel gruppo si partì uno: Io ne conobbi il passo, Io me lo vidi accostare… era Giuda!

Oh, che stretta al mio cuore!

Io vidi in quel momento l’anima del mio traditore in tutto il suo orrore; il mio Cuore avrebbe voluto salvarlo, ma egli consuma il suo orribile peccato e mi bacia. Oh, come soffrii per questo bacio di morte! Circondato di tenebre e di orrori di morte, ricoperto dei peccati dell’uomo, io sentii in quel bacio ancor più la mia umiliazione, e l’agonia precedente si rinnovò. L’orribile peccato di Giuda mi fece pensare alla sua sorte: una creatura arricchita del mio carattere, uno dei primi sacerdoti, scelto da me per un apostolato di sacrificio e di amore… eccolo perduto!

Egli non ama più Dio, il suo ministero di vita è soffocato, è morto.

« O Giuda, con un bacio mi tradisci? Con un bacio? Il bacio è segno di amore, è segno di fratellanza; tu dunque mi consumi col segno dell’amore, ed affratelli a me il tuo essere reso così putrido dalla colpa?

Così la mia agonia ebbe l’epilogo suo naturale: Io fui come un lebbroso, e la mia esistenza, il mio essere fu cento volte immolato all’amore di Dio!

Anima mia cara, mi ami tu? Mi vuoi amare? Oh, quante agonie ti aspettano nella vita!

Guarda il mio Cuore, rifugiati in esso solo, e rifletti che esso fu totalmente immolato per te.

Guarda il tuo nulla, guarda il mio tutto, non sono Io degno di un sacrificio amoroso? Sei polvere e nulla, e se hai qualche cosa te l’ho data Io; dunque se Io non ti premiassi, tu pure dovresti amarmi, perché sono degno di amore. Ma Io voglio che tu mi ami per eternare il tuo amore nel cielo.

Amami dunque, anima mia cara, amami nelle pene, nelle tribolazioni, nei disprezzi, nelle agonie di morte. Il palpito doloroso del tuo amore sarà un’armonia che non si estinguerà mai, mai, e tu mi amerai in eterno nella gioia pura dell’amore infinito di un Dio tutto tuo!

L’anima:

Due grazie voglio, o Gesù!

O Gesù, appassionato per me, vorrei farti belle promesse, vorrei immolarmi per te! Tu lo sai quanto sono meschina, e come non ho forza di fare nulla.

Gesù, sono un essere troppo meschino, ma io mi sono data a te; dunque supplisci tu la mia nullità!

Stringimi a te, mio Amore: io mi abbraccio a te agonizzante.

Gesù mio, quanto ti amo: bruciami, mio Gesù. Bacio il sangue che sgorga da te;

Gesù mio, purificami al tuo contatto.

Bacio le lacrime che versi per me: inondane il mio cuore, perché io pianga i peccati che feci in passato.

Gesù caro, io non voglio che te: fa’ che io ti conosca e che io conosca la mia miseria.

Dimmi, o Gesù, quale gioia posso dare al tuo Cuore trafitto? Io non posso partirmi da te senza dirti efficacemente che ti amo.

Che cosa vuoi, Gesù mio, da me? Oh, lo so, il colpo amaro e più amaro della tua agonia te lo diede il primo sacerdote traviato e sacrilego. O Gesù, se io potessi ricondurti nel Cuore un solo sacerdote cattivo!…

O Gesù, ecco la mia vita; fa di me una vittima di espiazione per qualche tuo ministro che ti è infedele. Gesù caro, ti piace il dono? Oh, tu mi sorridi di amore. Gesù, ti amo, quanto sei bello!

Ti ho fatto finalmente sorridere!

Ti amo!

O Gesù, due grazie voglio come conclusione di quest’ora:

Voglio la grazia di abbandonarmi tutta nelle tue mani, di amarti senza interesse, nella profonda umiliazione del mio essere.

E poi, Gesù mio, voglio un amore ardente ed un vivo zelo per il tuo Sacerdozio!

Me le fai queste grazie, Gesù mio? Io le voglio! So che tu sorriderai di amore ogni volta che ti amerò e farò qualche sacrificio di espiazione per i tuoi sacerdoti.

Gesù, abbracciami e stringimi al tuo cuore addolorato, pungimi di amore! Ti amo!

Viva il tuo Cuore trafitto! Ti amo!

Viva il tuo Cuore immolato! Ti amo!

Viva la tua carità sterminata! Ti amo!

Gesù mio, ti amo!

Gesù, dopo aver scritto questa meditazione soggiunse:

«A chi farà questa ‘Ora di compagnia in tal modo intorno al mio Cuore trafitto, io cederò la grazia di amarmi e di non peccare. Amo che la facciate tutti i giorni intorno al mio Cuore sacramentato, così voi vi immolerete per mio amore e per il mio sacerdozio, ed affretterete le vie della mia misericordia infinita!

Io voglio vittime di amore e di immolazione per il clero; cominciate voi a circondare il mio Cuore e vigilate pieni di amore con me.

Io ho ispirato a quell’anima buona di farti domandare quest’ora di agonia. Cominciala tu dunque, e veglia con me (..)».

L’ora di compagnia mi era stata chiesta da una pia signorina di Rossano, io però non ne sapevo il nome. Dopo seppi che si chiamava Serafina Casciaro, e vidi con sorpresa che Gesù, benedicendola, aveva accennato al suo nome.

(Sac. Dolindo Ruotolo: «La Storia della mia vita nel piano della grande misericordia di Dio», Autobiografia, voi. I, pp. 302-311)