Ora Santa Riparatrice

Quaresima

Quaresima

1.

Il suo è stato un sacrificio espiatorio, ossia un sacrificio che presenta una riparazione…

A che serve la vita se non per essere donata?

Quanti generosi si rallegrano di essere così interpellati.

Sono le persone della riparazione, cioè coloro che, associandosi cordialmente con Gesù riparatore, non desiderano altro che la loro vita sia donata.

Giovanni Paolo II non ha esitato a dire la parola riparazione, associandola, anzi, equiparandola a quella di espiazione; e non in modo astratto, ma nella persona di Gesù.

Il suo, afferma il Papa, è stato un sacrificio espiatorio ossia un sacrificio che presenta una riparazione. In tal modo prende luce lo stesso termine riparazione, in associazione a sacrificio e ad espiazione; il tutto viene poi espresso nel pensiero più comune: Gesù offre la sua vita. L’ha offerta e la sta offrendo.

Per questo ancora sussurra: « Il mio corpo è offerto per voi… il calice del mio sangue è versato per voi e per tutti ».

Egli assunse un corpo per poterlo donare incessantemente; ancora oggi egli prende i segni sacramentali del pane e del vino per farsi dono a tutti.

A che serve la vita se non per essere donata?

Gesù, qui in adorazione davanti a te contemplo il tuo ministero di riparazione e godo che il Papa lo abbia così bene associato al sacrificio espiatorio, costituito da una vita in offerta.

Tu, Signore, sei offerta, in questo momento: lo sei per me, per tutti.

Vorrei entrare in tale presenzialità di dono, consegnarti tutto me stesso, i problemi che volevo affidarti, prima di entrare qui da te; già li depongo in te, nella tua offerta.

Mi riscopro così nel tuo « ministero » di riparazione. Che cosa di più grande ci può essere nella mia povera vita di questa mia associazione alla tua opera redentrice? Grazie, Gesù.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

2.

Cristo ci ha offerto una soddisfazione per i nostri peccati e con ciò ha meritato la salvezza.

Ci sono quelli che si sentono garantiti nel loro non credere in Dio. E la garanzia se la danno perché esiste il Dolore innocente.

Lo dicono anche apertamente: « Finché ci saranno bambini innocenti destinati al sacrificio, finché l’ingiustizia colpirà deboli e indifesi non potrò decidermi a pormi il problema di Dio ».

E così si sentono scusati, non ad accorrere a fare qualcosa per quegli sventurati, ma a godersi la vita e a loro capriccio, avendo escluso Dio.

Se veramente accorressero verso quel « Dolore innocente » incontrerebbero Dio e lo vedrebbero.

Da che mondo è mondo il Dolore innocente ha fatto da ombra e ha servito da scusa; eppure in esso Dio stesso si è posto.

Gesù tra noi, nella sua vita terrena e soprattutto nel sacrificio del calvario è stato quel Dolore innocente. Anzi volle sempre esserlo istituendo il sacrificio eucaristico della S. Messa.

Egli aspira anche ad esserlo in quelle persone che si associano a lui intimamente e diventano così le persone della riparazione.

In tal modo Gesù si fa risposta visiva a coloro che vorrebbero garantirsi nella loro incredulità per via del Dolore innocente.

Signore, oggi la mia adorazione diviene riparazione perché si sente associata al mistero del Dolore innocente.

Noi siamo ancora dalla parte della morte e del dramma umano, anche se sappiamo che è pure nostro il versante della risurrezione.

Tu, Signore, hai voluto assumerti il ministero di una misteriosa impotenza davanti agli uomini immettendoti nel Dolore umano.

Se patirò ingiustizia da qualcuno, od anche da amici, non dispererò, ma cercherò di rallegrarmi, almeno per essere associato al ministero del tuo Dolore umano.

Oggi, sono qui, Signore, per ricevere energie da te, perché abbia occhio interiore onde scorgere nel fratello o nella sorella che soffre uno della riparazione, come me; vorrò anche dirglielo perché si assuma quella missione di grazia e di sostegno per tutti.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

3.

Il Padre per il bene e l’onore dell’uomo stesso chiede una riparazione…: dona all’umanità il proprio Figlio, perché offra questa riparazione.

Lo abbiamo visto in tante famiglie: quando c’è qualcosa di grave da ricomporre con i figli ormai fatti adulti sono loro, i genitori, che pongono se stessi nel bel mezzo delle contese; così si realizza già una forma di pace e di armonia.

Essi si fanno riparazione; forse i contrasti dalle due parti persisteranno, ma la convivenza sarà possibile.

Nei contrasti, nelle lotte, nei mali e nei peccati che persistono nel mondo « il Padre dona all’umanità il proprio Figlio, perché offra questa riparazione » afferma il Papa. E aggiunge, perché i buoni vi si associano: « il Padre, per il bene e l’onore dell’uomo stesso, chiede una riparazione ».

Questa immensa famiglia umana, già redenta dell’amore salvifico, e portata dal Signore Gesù verso una risurrezione totale continua a ricevere l’opera del Dio vivente: è un’opera di riparazione. Gesù ha voluto rendere evidente questo suo ministero di amore, attraverso la divina Eucaristia.

In essa il suo corpo e il suo sangue sono dati, consegnati alle nostre meschine contese e durezze di cuore, perché la vita tra noi sia ancora possibile.

Ne scaturiscono alcune conseguenze importanti: La riparazione vera non è quella che realizza uno generoso, con le sue attività, sacrifici, pratiche religiose; ma è quella che compie ininterrottamente Gesù redentore. La riparazione è lui, nella sua offerta attiva e presenziale di sempre.

Signore Gesù, oggi sono lieto di essere qui in adorazione di quel tuo mistero divino che perpetua la tua riparazione nel tessuto sociale del mondo. Vorrei ricevere i tuoi sentimenti interiori, capire che tu ami l’uomo, anche quando sbaglia o ti si pone contro e, invece di affliggerlo con castighi o abbandonarlo ai suoi errori, tu trovi modo di stargli vicino e, a sua insaputa, corri a sorreggerlo e dargli quelle energie spirituali di cui non sa di avere bisogno.

Mio Signore, io devo capire di dover essere riparatore così, con te, in un’attività presenziale, in un avvenimento del giorno e non tanto per via di concezioni astratte e con gesti grandi di mie opere. Mi dono a te per essere « riparazione » d’amore.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

4.

Il Padre rivela la grandezza infinita del suo amore, poiché è il primo, col dono del suo Figlio a portare il peso della riparazione.

Forse non avevi mai pensato che il Padre celeste fosse il primo a portare il peso della riparazione con il dono del suo Figlio. Ma Giovanni Paolo II te lo afferma esplicitamente: Sì il Padre è in prima fila nella riparazione.

Restiamo sorpresi ed ammirati. Ne ricaviamo, però, un benefico influsso, perché riusciamo così a porre la riparazione in una visione piena di amore ablativo e non su due versanti: Il Padre che esige un riscatto e il Figlio che lo offre.

La parabola del prodigo sembra ci illumini su tale realtà. Davanti al figlio che, rientrato in sé, vede il suo peccato e ritorna pentito alla dimora della sua infanzia, il Padre dispiega tutto il suo amore che accoglie, che abbraccia, che reintegra, che pone a mensa il figlio prodigo. Egli è veramente il primo nel mostrare di riparare per quella sua creatura che può nuovamente generare nel suo amore. E lo fa con un’esultanza che sorprende e contagia beneficamente tutti i membri della famiglia. Tutti, eccetto uno: il figlio maggiore; egli è uno che non vuole perdonare, non vuole associarsi ai sentimenti del padre. Questi è uno che non vuole entrare nella sfera della riparazione perché conta sui suoi meriti, sulle sue opere.

C’è da rompere tale atteggiamento di sicurezza che prende ancora tanti buoni. Solo associandosi allo spirito riparatore del Padre, si giunge ad essere veri figli e quindi fratelli.

Gesù, in questa mia adorazione riparatrice vorrei tanto essere investito dei sentimenti di riparazione del Padre che dona tutto il suo amore al figlio prodigo; tale prodigo rappresenta

il mondo. So, però, che in me ci sono pure le arroganze del figlio maggiore. Non vorrò essere più uno che conta sui propri meriti, ma essere quel fratello che corre incontro al prodigo tornato alla casa paterna; aiutarlo ad entrare, suggerirgli le parole che teme di dover dire.

Gesù eucaristico, tu rimani quella mensa imbandita dal padre della parabola evangelica; io voglio essere tra i primi ad accoglierti come cibo ed invitare tutti a godere di questa tua offerta di vita eterna.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

5.

Gesù offrendo al Padre una perfetta riparazione ha trasformato il volto dell’umanità.

C’è chi può sentirsi desolato alla vista del male presente e giungere al timore che ogni bene, la religione e la Chiesa stessa, siano destinati a soccombere. Un tale atteggiamento catastrofico misura la « salvezza » dal punto di vista delle opere dell’uomo, ignorando l’Opera già compiuta da Gesù riparatore.

Il Papa lo afferma con quelle parole: Gesù offrendo al Padre una perfetta riparazione ha trasformato il volto dell’umanità e liberato il cuore dell’uomo dalla schiavitù del peccato.

Ci raggiunge subito il sentimento della gioia, come quando si è davanti ad una bella notizia, un annunzio sollevante.

Infatti questo è il « lieto annunzio » che Gesù ha chiesto che fosse diffuso. Eppure perché noi tendiamo ad essere sconfortati dal male che vediamo o dal bene che non riusciamo ad ottenere con le nostre forze? Il motivo è che non ci affidiamo abbastanza all’Opera di Gesù; pensiamo che quello che ha fatto nel passato sia smentito oggi da tanti. Dimentichiamo di contemplare quella salvezza che egli va realizzando nei cuori e non sappiamo trasformarci in annunziatori e riparatori.

Non è dunque Dio che viene meno, ma siamo noi che veniamo meno trascurando l’annunzio e la riparazione.

Gesù, scorgo sempre meglio il mio « ministero » di riparazione. Avevo sempre pensato che fosse molto associato alle mie potenti iniziative, ora, invece, vedo che è legato al mio amore appassionato a te, oggi grande riparatore del mondo attuale.

Io devo cessare di confidare nelle mie parole, nei soliti conformismi, nei metodi psicologici o sociologici, per fare del bene; dovrò piuttosto lanciarmi nell’annunzio della tua presenza salvifica.

Con discrezione, ma con risolutezza vorrò, o mio Signore, divenire tua parola che annunzia, con tutti coloro che incontrerò: in casa, per strada, in treno, al lavoro; lo farò con tutti: con quelli che so già che mi respingeranno o con quelli che mi ringrazieranno.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

6.

Gesù conta sulla nostra gratitudine: la sua intenzione non era di dispensarci da ogni riparazione. Egli l’attende.

Noi oggi dobbiamo riscoprire l’attività del ricevere come gesto di riconoscenza e come partecipazione personale alla riparazione di Gesù risorto.

Sì, ci conferma il Papa: « Gesù ha preso il posto di tutti noi », ma poi precisa: « la sua intenzione non era di dispensarci da ogni riparazione ». Anzi « gli l’attende ».

Tutto appare chiaro se riusciamo a contemplare Gesù in azione riparatrice oggi. Invece tutto è svisato se pensiamo ad un Gesù del passato che ha operato la Riparazione e che, oggi, delega noi a fare al suo posto. No, egli è sempre in prima fila, perché il nutrimento interiore che dà la vita eterna, venga offerto alle generazioni presenti, anzi, ad ogni uomo che porta avanti il peso della sua vita.

Gesù, oggi mi pare di capire meglio la tua divina Eucaristia. Inclinavo a vederla come un sommo Dono che documentava il tuo amore o come un insieme di pratiche o di riti necessari alla salvezza dei tuoi amici; ora la vedo, invece, come la tua attività salvifica e riparatrice nelle situazioni storiche del presente. Per questo tu convochi, illumini con la tua parola, chiami allo spirito di offerta « di comunione di vita. Ci saranno sempre degli amici, come già al tuo tempo palestinese che si lasceranno conquistare da te. Ebbene questi tu vuoi mandarli in « missione »; sì sempre in « missione » dopo ogni Messa, ogni volta che ti ricevono in comunione, ogni volta che escono dalla tua adorazione.

O Gesù, io ambisco di essere tra questi. Scopro così la mia missione riparatrice. Mi renderò conto che se nel mondo c’è il male e c’è il peccato non è solo perché ci sono i cattivi, ma è anche perché mancano i missionari di quella tua riparazione. Puoi contare su di me.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

7.

Questa collaborazione riveste una forma liturgica nella celebrazione eucaristica.

Siamo soliti dire che la partecipazione eucaristica è un dovere grave per il credente: egli deve andare a Messa. Ma non ci preoccupiamo abbastanza di insegnare perché debba andarvi, e neppure come dovrebbe uscirvi, dopo che vi ha preso parte.

Ebbene, il Papa ce lo afferma in chiave riparatrice: uscire da Messa coinvolti dal sacrificio espiatorio e riparatore.

Il cristiano non è soltanto l’uomo dei doveri, ma l’uomo della collaborazione. Egli, avendo dato la sua fede a Gesù, è come colui che dà la sua « fede » ad altra persona o ad un partito: offre la sua piena collaborazione.

Ecco come il Papa caratterizza il mistero eucaristico o mistero pasquale: sacrificio espiatorio (prima aveva detto sacrificio riparatore) al fine di coinvolgere la comunità e i fedeli nell’offerta.

C’è da « lasciarsi prendere » da Gesù divenuto eucaristia e lasciarsi portare nel suo stesso movimento di offerta.

Se il cristiano avrà tale docilità di mente, e di cuore, riceverà direttamente dal Maestro divino le parole e le indicazioni necessarie, per divenire poi suo annunzio di riparazione nel proprio ambiente familiare, sindacale, sociale, ecclesiale.

Gesù eucaristico, mi accorgo che c’è un volto nuovo della riparazione che debbo ancora riscoprire.

Essa non è qualcosa di appartato, di riservato ai miei sforzi generosi od eroici, ma è la mia resa adorante alla tua azione eucaristica. Perciò io sbaglio tutto se penso di dovermi organizzare solo per conto mio e contare sui miei sforzi o sulle mie parole. Al contrario io dovrò affidarmi a te, in tutti.

Mi porrò in libertà di cuore e di mente davanti a te e accoglierò tutto da te. Anche quando lascerò la chiesa sarò certo che tu mi seguirai, mi ispirerai, mi infonderai le energie necessarie.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)

8.

Felici di essere stati riconciliati con Dio sentiamo l’onore di condividere con Gesù l’ammirabile sacrificio…

C’è un’immagine simbolica che esprime in concreto questa conclusione del Papa. Gesù nella sua missione salvifica di offrire al mondo la vita del Padre, è penetrato nell’oceano del mondo: è il mistero della sua incarnazione contemplata come uno che si inabissa nell’oceano del mondo. A quelle profondità Gesù ha fatto suo ogni male, ogni peccato, ogni ribellione a Dio; a tutti ha donato la sua vita, il suo sangue ed è morto come crocifisso. Ma il Padre lo ha fatto risorgere in quel modo, cioè associato all’oceano a cui si era donato e consacrato. Ormai c’è solo da rimanere stretti, come gocce luminose attorno alla persona di Gesù risorto; sarà lui a guidarci nel cammino verso il Padre.

In parole più ristrette, il Papa aveva detto, commentando questa nostra condizione di risorti: « Felici di essere stati riconciliati con Dio, sentiamo l’onore di condividere con Gesù l’ammirabile sacrificio che ci ha procurato la salvezza e rechiamo anche il nostro contributo alla applicazione dei frutti della riconciliazione all’universo di oggi.

Come e in che modo rechiamo tale contributo? La risposta, secondo l’immagine addotta, è questa: restando delle gocce luminose perché irrorate dal sacrificio di Gesù risorto; talmente luminose da offrire anche la nostra luce agli altri.

Gesù, sono qui in adorazione per meglio rivestirmi della tua luce e poi subito donarla a chi mi è vicino e a tutti coloro che incontro: è il mio apostolato di riparazione. Non esito a vedermi come una piccola goccia, ma associata a te, oceano di luce; di tale splendore avrò sempre bisogno per sentirmi realizzato pienamente nel tuo amore e per fare luce ad altri. Ora so che il mio « ministero » di riparazione non chiede tanto che gli altri lascino subito 1e tenebre in cui camminano, ma mi chiede che io silenziosamente offra parte della mia luce.

(Silenzio; Pater, Ave, Gloria)